Davvero si può vivere senza chimica? Non perdete l'appuntamento con la rubrica #chimicainside, un viaggio per scoprire che la chimica ci viene in aiuto in tanti oggetti della vita quotidiana, anche se non lo sappiamo.
Lo controlliamo circa 110 volte al giorno, 9 volte ogni ora, siamo
praticamente inseparabili! Ma, oltre a fotografie, numeri di telefono e
app di ogni tipo, sapete cosa contiene il nostro smartphone?
Basta scomporne anche solo grossolanamente l’architettura per scoprire
che la batteria non potrebbe funzionare senza ioni di litio, ossidi di
cobalto, carbonio e grafite, che il case è un tripudio di alluminio e
che il touch screen non è un semplice pezzo di vetro, ma un bel mix di
elementi chimici.
Scopriamo di più sull’anatomia dello smartphone in un post tutto da leggere…con la Tavola periodica sotto mano!
Schermo
Partiamo dallo schermo: biossido di silicio e ossido di alluminio,
messi in un bagno caldo di sale fuso, in modo da permettere ai grandi
ioni di potassio di prendere il posto di dei piccoli ioni di sodio sul
vetro. Gli ioni di potassio occupano più spazio e vengono pressati
insieme quando si raffredda il vetro, formando uno strato che comprime
il vetro rendendolo più resistente ai danni meccanici.
Tutto chiaro? Per poter permettere le funzioni “touch”, viene depositato sul vetro un sottile strato trasparente di ossido di indio e stagno (quello che viene chiamato “transparent conducting oxide” in sigla TCO).
Per completare il tutto, troviamo alcuni degli elementi più rari sulla
Terra che servono a ridurre i colori sullo schermo ed evitare la
penetrazione di raggi UV nel telefono (altrimenti oltre ad uno strato di
crema all’indio e stagno ci dovete spalmare anche uno strato di crema
solare, per evitare le scottature).
Batteria
La maggioranza dei telefoni attuali usa batterie agli ioni di litio.
Nello specifico, ossido di litio e cobalto o manganese per il catodo e
litio disperso in carbonio in forma di grafite per l’anodo. E l’involucro delle batterie, solitamente, è composto di alluminio.
In più l’elettrolita che consente il passaggio degli ioni litio
dall’anodo al catodo è costituito da un polimero fluorurato, che in
estrema sintesi è composto da carbonio e fluoro. Riepilogando quindi:
alluminio, litio, cobalto o manganese, carbonio e fluoro. Un mix molto
interessante. La durata della batteria, oltre che dal nostro
uso, dipende da quanto litio e litio cobalto ossido sono contenuti
nell’anodo e nel catodo. La batteria è quindi una parte
sostanziale del peso di un telefonino: più un telefonino è pesante,
maggiore è la durata della batteria.
Elettronica
Veniamo alla parte più complessa del nostro smartphone, quella elettronica.
La CPU (central processing unit) del nostro telefono, ovvero il cuore operativo, è a base di silicio.
Per poter generare l’effetto transistor (il modo con cui si crea la
logica binaria 0 1) è necessario creare quella che viene detta la
giunzione p-n: ossia uno strato di silicio caricato negativamente
(drogandolo, cioè incorporandovi piccole quantità di fosforo o arsenico)
in contatto con uno strato caricato positivamente (drogandolo con
boro). Di questo transistor una CPU ne contiene miliardi. Per evitare
contatto elettrico tra un transistor e l’altro è necessario uno strato
isolante, realizzato esponendo all’ossigeno il silicio e formando ossido
di silicio (si, la comune sabbia di mare). Per produrla, il silicio
viene esposto al calore e combinato con ossigeno, in modo da produrre un
sottile strato di ossido di silicio sulla superficie. I singoli
transistor sono connessi tra di loro da microcondutture composte
principalmente da rame, oro e argento (ecco perché le nostre
apparecchiature elettroniche a fine vita sono preziose e debbono essere
smaltite in modo da recuperarne il contenuto). I componenti elettronici
sono poi connessi alla scheda madre tramite saldature che in passato
erano eseguite con stagno e piombo, e che recentemente sono state
sostituito da combinazioni di stagno, argento e rame.
L’altoparlante e il microfono contengono magneti, solitamente composti da leghe di neodimio, ferro e boro anche se vengono utilizzati anche nichel, praseodimio e gadolinio. Per le unità vibranti invece vengono utilizzati neodimio, terbio e disprosio.
Una bella varietà di elementi chimici, non c’è che dire!
Fatti, non fake! il blog di Federchimica
Si ringrazia il Professor Maurizio Masi, Dipartimento di Chimica,
Materiali e Ingegneria chimica “Giulio Natta” del Politecnico di Milano.